Il gioco
dell’ambiguità: la coccinella sulla foglia che vola
di Massimo Gerardo Carrese
(pubblicato su Rivista "InArte" - giugno 2008)
pubblicato anche sul sito della Società Dante Alighieri Polonia, "Imparare la lingua giocando", giugno 2012
«Ambiguo»
è ciò che si presta a molteplici
interpretazioni, ciò che lascia la mente in dubbio tra due o
più idee. Si usa
per riferirsi a persone non sincere o non definibili, a dipinti con
caratteristiche enigmatiche o che giocano sugli errori di
interpretazione dei
sensi - come ad esempio le illusioni ottiche di Escher - e a tutto
ciò che in
generale è equivoco, dubbioso, incerto. Anche le parole
possono essere ambigue.
Un caso è l’anfibologia: dal greco amphíbolos,
derivato di amphibállein
‘essere incerto’, composto di amphí
‘da una parte e dall'altra’
e bállein ‘gettare’.
L’anfibolìa si verifica di fronte a
un’errata espressione grammaticale, quando un enunciato
consente minimo due
diverse interpretazioni. Talvolta l’equivoco è
voluto dall’autore, altre
volte no come nel caso di stravaganti titoli di giornali: Si
è spento
l’uomo che si è dato fuoco (Giornale di
Sicilia, 1998), Falegname
impazzito, tira una sega ad un passante
(Corriere della Sera, 1991). A noi lettori
quasi sfuggono tali
ambiguità sintattiche, specie in frasi come una
vecchia porta la sbarra oppure
ho visto mangiare un cane. Sono, invece,
curiosamente enigmatiche le
insegne di certe attività commerciali: Si fanno
uova su ordinazione con
sorpresa del cliente (Milano); Si vendono letti a
castello per bambini di
legno, Si vendono uova fresche per bambini da
succhiare (Napoli),
Eliminazione totale bambini a sole L. 29.000
(Trieste).
Altri casi incerti sono quei costrutti che permettono una pluralità di lettura: l’oracolo di Delfi al re Creso ne è un esempio "Se Creso attraversa il fiume Alis, sarà distrutto un grande impero", interpretato dal re come sconfitta del regno persiano e, invece, distrusse il suo. Di particolare fascino è la scritta «aramomentumalis» trovata su una tomba in Senigallia che può essere interpretata in «aram omen tum alis», un segno per gli altri è la tomba, «ara momentum alis», la tomba è un memento per gli altri, «aram omen tu malis», tu desideri un segno come tomba. Di natura equivoca per i soldati che partivano per il fronte era il responso della Sibilla Cumana «ibis redibis non morieris in bello»: andrai tornerai non morirai in guerra o andrai non tornerai morirai in guerra. Allora, per non incappare nell’ambiguità basterebbe spiegare la parola o frase oggetto dell’equivoco, ma non sempre è possibile e il più delle volte il contesto non aiuta.
Malintesi di natura più ludica sono gli omofoni, cioè quelle parole che si scrivono e si pronunciano allo stesso modo, ma che hanno significato diverso: sale (composto), sale (verbo); o gli omofoni non omografi: stessa pronuncia, ma con grafia diversa: lago e l’ago. I tratti ambigui si manifestano persino in interi romanzi: un caso è L’amore assoluto (1899) di Alfred Jarry che può essere letto come la storia di Cristo, come l’attesa di un condannato a morte nella sua cella o come il monologo di un uomo che soffre d’insonnia.