Massimo Gerardo Carrese
“La fantasia, un gioco per grandi”

“La fantasia, un gioco per grandi”

intervista in forma di saggio breve a Massimo Gerardo Carrese 

sul libro Il grande libro della fantasia (il Saggiatore 2023)

di Gianluca Vivacqua in rivista “Il Cappuccino” anno IV n. 47 aprile 2024

link alla rivista: https://madmagz.com/magazine/2126047#/

“Che cos’è la fantasia?”, Libreria Mannaggia – Libri da un altro mondo, Perugia 2024

La fantasia è la visione e la creatività è la sua organizzazione?

La fantasia è visione perché pensiero astratto, sviluppo di ipotesi interiori, ma è altresì restituzione esterna di una possibilità, di quelle stesse ipotesi prima pensate e poi portate fuori. La fantasia è anche visione che può realizzarsi, oggettivarsi. Questo ce lo racconta l’etimologia della parola “fantasia”, legata al greco φαίνω (phàino) apparenzasembianza, manifestazione cioè “rendere visibile”, “mettere in luce”, “esporre”, “essere evidente”. Fantasia è in questo senso dimostrare la possibilità trovata, tirare fuori la visione che ci portiamo dentro. 

La creatività, diversamente, sistematizza l’intero esercizio della fantasia per interrogarsi sulle possibilità trovate declinandone gli aspetti tecnici e metodologici. Si domanda se la possibilità della fantasia è una combinazione nuova, cioè mai vista prima, utile, sorprendente, di valore, etica. La creatività, come specifico più dettagliatamente nel libro, è il know-how, cioè il complesso di conoscenze, esperienze e competenze. Creatività non è cercare possibilità, cioè comporre e scomporre informazioni, ma studiare e migliorare quelle possibilità messe in moto dalla fantasia.

Nel linguaggio comune i due concetti sono però confusi e spesso ridotti a sinonimi e così la fantasia diventa perlopiù pensiero astratto, visione interiore e la creatività qualcosa di concreto, attività che realizza il pensiero divergente.

Fantasia e creatività sono facoltà che conosciamo soprattutto per opinione personale o per sentito dire ma quasi mai per il loro significato storico-scientifico, che ci restituisce invece altri concetti. Il grande libro della fantasia prova a raccontare con sguardo interdisciplinare proprio questi altri concetti.

Lei afferma che la fantasia e la creatività, a differenza di quanto generalmente si pensa, non sono doti propriamente infantili: la magia fantastica dell’infanzia è quindi sopravvalutata e bisogna avere strutture mentali e conoscenza delle cose ben precise per poterle sviluppare?

Non ci sono dubbi sul fatto che i bambini hanno fantasia e possono essere creativi. Gli adulti, però, hanno una maggiore conoscenza del mondo. Questo significa che almeno in teoria sanno creare più connessioni tra le diverse informazioni e quindi generare più possibilità (fantasia). Queste possibilità possono essere poi organizzate (creatività) in un discorso specifico e appropriato. Messa in questi termini, la fantasia non è solo territorio dei bambini ma anche degli adulti.

Gli adulti hanno una fantasia molto forte perché, potenzialmente, possono mettere in gioco più possibilità in un’informazione dal momento che conoscono più cose dei bambini e, in particolare, è degli adulti la creatività, perché è l’insieme di conoscenze, esperienze, competenze sulla possibilità sviluppata dalla fantasia. Tuttavia, tendiamo ad attribuire ai soli bambini la fantasia e la creatività perché fraintendiamo queste facoltà, e gli stessi bambini lo fanno – ho affrontato la questione anche in un mio documentario del 2018 dal titolo Denti Ridenti. Accade perché adulti e bambini credono che la fantasia sia perlopiù pensiero astratto che si allontana dall’ordinario e la creatività realizzazione di questo pensiero divergente.

La fantasia e la creatività sono del bambino e dell’adulto ma nell’adulto possono muoversi con più energia e cognizione. Se consideriamo la fantasia e la creatività con le sole opinioni personali, senza basarci su dati storico-scientifici, rischiamo di cadere in alcuni stereotipi come il mito dell’infanzia, dove la fantasia e la creatività sono spesso caratteristiche esclusive dei bambini, come se gli adulti le perdessero crescendo, o lo stereotipo dell’artista, con la creatività intesa come un dono riservato a pochi eletti, che vivrebbero liberi da regole e costrizioni.

Lei definisce l’originalità come l’approdo della creatività; se non è originale non è creativo ma solo ri-creativo, e quindi non va oltre quello che fanno i bambini?

La creatività è una facoltà valutativa, analizza gli aspetti tecnici e metodologici della possibilità trovata dalla fantasia ed esamina concetti quali novità, utilità, sorpresa, eticità, valore. La fantasia è una facoltà operativa, compone e scompone informazioni per cercare possibilità. Tra le due facoltà quella che chiede più competenza è la creatività perché non combina possibilità ma valuta possibilità. In questo senso, allora, la riconoscibilità dell’originalità appartiene all’adulto perché sa come studiare la possibilità elaborata dalla fantasia per recuperare le informazioni utili a capire, o provare a capire, se quella combinazione della fantasia è inedita.

I bambini sanno essere originali ma non possono sapere se le loro creazioni sono davvero inedite perché non hanno la necessaria competenza valutativa. Molte volte a loro interessa esplorare possibilità senza metterle in un discorso organizzato. È l’adulto, con specifica  competenza, che sa riconoscere ed esaminare l’originalità delle loro creazioni e verificare se sono esplorazioni volontarie o involontarie di percorsi già noti.

È sempre l’adulto preparato che insegna ai bambini la storia della creatività umana. Però, il discorso che affronto nel libro non è tra originale (valido) e non originale (non valido) ma principalmente sapere se quanto messo in moto dalla fantasia è inedito oppure no e che cosa questa conoscenza, valutata con consapevolezza tecnica, può restituirci in termini di curiosità e crescita personale ed evoluzione collettiva. 

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