Massimo Gerardo Carrese
Fantasiare e immaginare

Fantasiare e immaginare

“Il verbo fantasiare, allora, mi pare rivestire un’intenzione che non trovo in fantasticare che è predisposto più a farsi trasportare dalle immagini (fantasmi) che a lavorarci sopra. Mi sembra che i fantasmi della fantasia siano, per così dire, più consapevoli di quelli della fantasticheria: sarà questo il senso più buono a cui accenna il Tommaseo-Bellini? Se così, credo adatto usare fantasiare come verbo a sé, diverso da immaginare, da creare, da fantasticare, da associare. Lavorare di fantasia, che appartiene a fantasiare, è aprirsi al possibile, cioè a qualcos’altro su cui ci fermiamo a supporre situazioni che non sono immediatamente verificabili, che allo stato dei fatti sono prive di realtà. Nell’italiano che sento parlare tutti i giorni trovo frequentemente il ricorso a forme verbali quali immaginare, creare, fantasticare ma non ve n’è uno per riferirsi in modo specifico a fantasia. Perché questa mancanza? Autori importanti, come per esempio Gianni Rodari in Grammatica della fantasia, non intravedono differenza alcuna tra immaginazione e fantasia e dunque per loro dire immaginare è includere anche fantasia.

Una proposta. Usiamo il verbo fantasiare per indicare le caratteristiche della fantasia, quel lavorare di fantasia in cui a me sembra, forse ingenuamente, di rintracciare un’intenzionalità del possibile? La fantasia è possibilità, intuizione: supporre è ipotesi; sospettare è analizzare al di là di ciò che appare. Fantasiare è una parola da approfondire ma a me sembra un verbo appropriato e bello per indicare la natura della fantasia, complementare all’immaginazione e da questa diversa.”

in Massimo Gerardo Carrese, Fantasiare e immaginare, Ngurzu Edizioni, Caiazzo 2017.

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