Massimo Gerardo Carrese
Contributi per il Festival Fantasiologico

Contributi per il Festival Fantasiologico

I contributi raccolti in questa pagina sono inediti e redatti dagli autori e dalle autrici esclusivamente per il Festival Fantasiologico (edizione 0 e edizione 1, 2017).

A cura di Massimo Gerardo Carrese

Corpo in avaria

ANTONIO REZZA (performer, scrittore, regista, Leone d’Oro alla Carriera) e FLAVIA MASTRELLA (artista, scultrice, scenografa, Leone d’Oro alla Carriera)

Antonio, quasi dieci anni sono passati dalla nostra ultima intervista quando mi dicevi che la fantasia “Non si può ereditare, è una necessità di chi con la realtà non scende a patti.”  Qual è la realtà a cui accenni?

Quella cui scendo a patti ogni mattina e cioè l’autogestione, il telefono, la volgare amministrazione. Per avere fantasia bisogna sporcarsi le mani con la realtà a far finta che non sia vero.

Flavia, nella stessa intervista alla domanda “che cos’è la fantasia?” rispondevi che “Il potere cerca di veicolare la fantasia perciò penso che di questi tempi sia una forma di lotta.” In che modo e con quali strumenti il potere veicola la fantasia?

Giocattoli, film, arredi urbani, trasporti, i social, impongono una rieducazione continua un’estetica comportamentale restauratrice di vecchi concetti dimenticati da tempo e reintrodotti da una nuova porta, queste modalità spingono a realtà diverse e parallele dove, c’è spazio solo per fantasie denutrite e monocorde.

Diversi giornali e blog in rete usano la parola “fantasia” per descrivere il vostro teatro. Non credete che “fantasia” sia una parola imprecisa, cioè che ognuno può riempirla di un proprio senso (per es. ora intesa come “irrealtà”, “evasione dal banale”, “figure della mente”, ora come “immaginazione”, “creazione”…), o è per questa sua ‘veste indefinibile’ che diventa voce adeguata a rappresentare, a raccontare, anche per voi stessi, il vostro teatro?

Antonio Rezza:  La fantasia è l’incapacità degli altri ad averla. Quindi chi la attribuisce al prossimo è perché lui non ce l’ha. È sempre un discorso di negligenze altrui.

Flavia Mastrella: Noi non diamo lezioni né soluzioni usiamo linguaggi stratificati che conducono in una realtà onirica dove visioni e realtà si fondono in un rituale energizzante di scambio, la persona partecipa attivamente con la sua fantasia. Il termine è giusto.

In Clamori al Vento (Il Saggiatore, 2014) leggo: «La fantasia stupisce perché l’essere umano non è biologicamente abituato a essere meravigliato: sapere che una persona ti stupirà porta quella persona a essere prevedibile. Non siamo fatti biologicamente per lo sbalordimento. Una persona che ti ha stupito sai già che la prossima volta potrà sorprenderti ancora, e questo la rende scontata perché crea non più stupore ma prevedibilità attraverso la sorpresa. Secondo questo paradosso, noi siamo due persone molto prevedibili.» Come si diventa imprevedibili?

Antonio Rezza:  Non ponendosi il problema. Si è sempre imprevedibili per gli altri solo se lo sei anche per te stesso. Poi c’è chi fa finta. E va compianto.

Flavia Mastrella: Basta capovolgere le regole.

Che cosa esaltano e che cosa tramortiscono i vostri spettacoli?

Antonio Rezza: Esaltano il libero arbitrio e il corpo in avaria. Stordiscono chi già è stordito. 

Flavia Mastrella: Tramortiscono il pessimismo, il cattivo gusto e l’ipocrisia. Durante le performance invece trionfano la comunicazione, gli aspetti tragici e contraddittori e l’incoerenza di una società allo sbando.

Flavia, in un’intervista in rete abbiamo letto una tua risposta in cui parlavi di una fantasia codificata e di una fantasia libera. Sottolineavi che voi esercitate nel vostro teatro una fantasia libera. Ci puoi spiegare meglio la differenza tra le due?

La fantasia codificata, denutrita, produce solo documenti, parla dell’attualità triste e guerrafondaia che genera pietà e autocompiacimento. La fantasia libera è inutile spiegarla.

Che valore ha l’insignificante per te Flavia?

L’habitat di L’esaltazione dell’insignificante è una delle mie ricerche figurative sui linguaggi persuasivi che mi ha condotto a l’Habitat di Bahamuth (2006). L’habitat L’esaltazione dell’insignificante è stato esposto al MAMBO di Bologna, e a THE BLANK a Bergamo.


Puntare all’intensità

FRANCO ARMINIO (paesologo)

Che cos’è per te l’immaginazione?
È una cosa fondamentale per vivere senza allungare il brodo, per puntare all’intensità.

In un tuo post su facebook, qualche giorno fa, hai scritto: «Siamo in un altro mondo. Poeti e non poeti, siamo tutti chiamati a immaginare di più…». Ci puoi spiegare meglio questo pensiero?
La dedizione all’attualità crea una psicologia carceraria. Bisogna sempre considerare il visibile e l’invisibile, bisogna ricordare che la vita ha che fare col sacro, non è una faccenda burocratica.

Nel tuo Vento forte tra Lacedonia e Candela: Esercizi di paesologia (Laterza, 2008), pensando a ipotesi sul futuro dei paesi, a un certo punto scrivi: “Fantasticare è in genere un’attività rivolta al futuro. Invece nei paesi si fantastica sul passato”. Perché l’attività del fantasticare s’inverte nei paesi?
I paesi sono pieni di persone bloccate, è come avessero fermato ogni immaginazione. Questo accade anche nelle città ovviamente, ma secondo me è proprio nei paesi che è più facile aprirsi all’impensato, è come se il vuoto ti desse più spazio.

Abbiamo letto che spesso ti riferisci al tuo ultimo libro di poesia, Cedi la strada agli alberi (Chiarelettere 2017), vincitore del Premio Viareggio-Rèpaci, come a un libro comunitario. Che cosa vuol dire?  
Alla necessità di uscire dall’autismo corale. Le presentazioni del libro sono tentativi di costruire delle comunità provvisorie. Sono momenti brevi, ma forse lasciano un segno. La poesia è chiamata a fare un lavoro che la politica non riesce più a fare. E nemmeno la chiesa. La poesia deve mettersi sulle spalle un pezzo di mondo e portarlo avanti, non deve portare il broncio al mondo.


Fragilità dell’essere

ELISA REGNA (fotografa)

Che cos’è la “fantasia”?

La Fantasia è la fragilità dell’essere quando si ripone su stesso e guarda oltre se stesso; prova a toccare qualcosa che nemmeno sa di conoscere ma lo desidera e così esplode in tanti piccoli frammenti di “io”.

Che cosa vuol dire per te fotografare?

Fotografare è ciò che vedo nell’attimo in cui scatto, ciò che può mutare subito dopo; fotografare il dettaglio che nella realtà quotidiana non ci accorgiamo di vedere realmente o che abbiamo visto ma tralasciato in fretta, poiché “dato” per un dettaglio qualsiasi; tutto ciò può essere reso eterno attraverso uno scatto, ma soprattutto veduto attraverso di esso; i volti…credo che siano la più bella Fotografia, nei volti l’ho scoperta e l’ho ritrovata, in alcuni volti c’è un oceano profondissimo, in altri lagune.

Usi i social per condividere le tue fotografie?

La mia fotografia non amo condividerla molto sui social, in quanto li reputo poco professionali.  L’immagine sul social è vista sempre diversamente da un sito professionale, l’occhio dello spettatore è diventato commercialissimo e tende a snaturalizzare l’immagine. Le immagini sono continuamente modificate dai programmi, ci si dimentica del manuale e si ricorre alla fotografia del ritocco. La mia fotografia ha un ruolo completamente diverso.                            

Come decidi il soggetto di una fotografia?

Non decido mai, è una sensazione, un brivido sotto pelle, un’affinità diretta e indiretta, scelgo la nonchalance casuale; spesso non conosco i soggetti che fotografo e questo mi affascina maggiormente, sembra di scegliersi reciprocamente, sembra di conoscersi da abbastanza tempo, questo mi motiva a svelare dettagli di un enigma senza fine.

Sappiamo che sei appassionata di poesia. Che rapporto c’è tra poesia e fotografia?

Una foto racchiude la poesia, di un attimo vissuto nel tempo, la mutazione delle stagioni mi ricorda i mutamenti della nostra anima, l’oceano che si agita e si calma, ci regala tanta tristezza per nessuna ragione e tanta malinconia per qualcuna che è ancora ancorata per sempre al nostro vissuto; gli occhi di uno sconosciuto che passa e scompare e che ti regala la sua fragranza al passaggio e ti sfiora anche sbadatamente come farebbe un fiore; l’anziano che chiude i suoi occhi dinanzi al terrore dell’oggi, la sua tristezza nelle mani incrociate sulle gambe; il riso dei bimbi che ti risplende nell’anima e ti ravviva quando la tristezza vuole passare lentamente. Credo che la poesia e la fotografia si rispecchino a vicenda. Anche attraverso la poesia, mi avvicino ai dettagli più profondi dell’esistenza umana, e la fotografia la dipinge perfettamente.

Sei impegnata in un progetto enciclopedico dal titolo Alfabetario dei Luoghi (Ngurzu Edizioni 2016). Di che cosa si tratta?

L’Alfabetario dei Luoghi è un’enciclopedia euristica da non confondere con una guida turistica. Ritrae molti luoghi e soprattutto le sconfinate cose in questi luoghi. Anche le persone sono luoghi poiché appartengono a essi. L’Alfabetario ci parla principalmente di inimmaginabilità, ciò che non credevamo che esistesse, invece esiste da sempre nel luogo, un luogo che non abbiamo mai guardato attentamente. L’Alfabetario dei Luoghi nasce da un “dualismo” fisico-mente, scopriamo un posto reale e un posto chimerico, ossia qualcosa che non è visibile con il corpo ma con la mente.

Progetti, mostre future?

Per il momento sono entusiasta di continuare lo straordinario progetto attuale, l’Alfabetario dei Luoghi, con il fantasiologo Carrese. Per quanto riguarda le mostre, sì…molte sono in definizione, quest’anno ho in programma la mostra, credo tra le mie preferite, su Apice Vecchia, la Pompei del 900, scoperta attraverso il progetto dell’Alfabetario. Ci saranno altre mostre nel 2018, sul tema dell’Espressività, su cui mi sto concentrando moltissimo in questo periodo, e tra l’altro è  un tema che adoro fortemente.


GIOVANNI VACCA (antropologo, musicologo)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?
Quando mi è stata chiesta una riflessione sulla fantasia, e sulle sue differenze con immaginazione e creatività, la mia prima tentazione è stata quella di documentarmi su questi tre aspetti del pensiero umano, in modo da poter dire qualcosa di serio, di ‘scientifico’. Poi mi sono detto che forse bastava fare affidamento sulla mia esperienza, anche in rapporto alla mia frequentazione del mondo del lavoro (e, soprattutto, del mondo dell’industria culturale con cui mi confronto da trent’anni) e cioè del modo in cui il valore sociale della fantasia, dell’immaginazione e della creatività viene messo al servizio del profitto in una società che è appena uscita proprio da quell’epoca industriale in cui questo processo di utilizzazione ha avuto inizio.

Si tratta dunque di riflessioni sparse, espresse come se fossero dette in una chiacchierata informale, più che scritte.
Le tre parole confinano tra di loro, a volte si intrecciano, per certi aspetti si nutrono a vicenda. Se dobbiamo distinguerle, però, comincerei dalla creatività. Si può essere creativi in tutto, anche nel lavoro più umile, in quello più noioso. Si può essere creativi nel preparare un piatto di pasta come nell’organizzare la propria giornata e certamente la creatività aiuta a vivere meglio, riducendo la noia e la banalità della vita quotidiana. La creatività, dunque, potrebbe essere sinonimo di ‘originalità’ ma, al giorno d’oggi, essa è pensata come una risorsa anche nel mondo del lavoro, un mondo in cui è ormai praticamente tramontata la fabbrica basata sulla catena di montaggio: quest’ultima, infatti, necessitava che il lavoratore non fosse creativo e che, anzi, si adeguasse all’uniformità richiesta dal modello produttivo. Nel mondo del lavoro dei nostri giorni la creatività è invece quel valore aggiunto messo al servizio delle direttive del personale dei piani alti per migliorare i rendimenti e, nello stesso tempo, gratificare il lavoratore: i classici due piccioni con una fava, insomma.

L’immaginazione implica già, a mio avviso, un distacco dalla realtà contingente, la capacità di trascenderla per modificarla. L’immaginazione ha, pertanto, uno statuto diverso, una marcia in più, potremmo dire. L’immaginazione può essere pericolosa (si può immaginare una società diversa, per esempio) e in ambito lavorativo essa è oggi riservata ai ‘colletti bianchi’: grafici, designer, manager, che sono esortati ad utilizzarla perché da loro, un gradino sotto ai nuovi padroni del vapore (oggi forse li potremmo chiamare i padroni del software o della rete), non si ha nulla da temere, salvo qualche possibile eccezione (un grafico che si mette in proprio, per esempio, e che fonda una sua azienda). Ma le maestranze, però, no: forse è meglio che si accontentino di una già più che gratificante creatività…

La fantasia, infine, è il livello più alto: essa implica il distacco completo con la realtà. Nel senso comune è sinonimo di scarsa concretezza, di inaffidabilità, ed è tollerata solo nelle personalità artistiche, purché, prima o poi, tali ‘artisti’ siano produttivi, creino ricchezza concreta in chi investe su di loro, altrimenti la loro fantasia è condannata come inutile e dannosa. La fantasia è stata il motore più antico della cultura: i miti, le fiabe, le leggende, i simboli, tutto ciò che organizzava l’universo anticamente, era prodotto dalla fantasia, anche se all’epoca la si credeva realtà. Poi, con il “disincanto del mondo”, la fantasia rifluì quasi esclusivamente nell’arte. Oggi, nel campo del lavoro, l’ambito della fantasia è ancora più ristretto rispetto a quello della creatività e dell’immaginazione: essa trova praticamente spazio solo nelle arti di intrattenimento come cinema, televisione, fumetto, teatro, musica, pittura, scultura, architettura, ed è premiata solo se genera consenso e se non turba eccessivamente l’ordine sociale, il che ha una sua logica. Che la fantasia, infatti, debba per forza essere oppositiva all’ordine sociale è un retaggio romantico: miti bellissimi e leggende straordinarie possono anche legittimare, con i simboli che evocano, società asfittiche di tipo tradizionale. In egual misura è sterile il dibattito, sempre aperto, su quanto la tecnologia in cui siamo immersi possa inibire la fantasia. Un bambino che riesce ad immaginare di stare seduto su un cavallo mettendosi tra le gambe un manico di scopa non è necessariamente più fantasioso di un bambino che usa un dispositivo elettronico: la fantasia del primo, infatti, sarà inibita dai limiti del mondo che quell’atto gli apre mentre quella del secondo dalle possibilità che il software di quel dispositivo offre, in gran parte riflesso, naturalmente, degli interessi di chi quel software produce. 
La fantasia è dunque una risorsa in sé, qualcosa che l’essere umano attiva quando, letteralmente, ‘crea’ la realtà. Saranno i rapporti di potere e di forza, le dinamiche sociali, i contesti in cui è immersa a decidere i destini della fantasia, così come sono gli stessi rapporti di potere, le stesse dinamiche sociali e gli stessi contesti a decidere il destino di creatività e immaginazione. Quello che conta è non tarparli alla fonte, non impedire a chiunque di essere creativo, di avere immaginazione e, soprattutto, di avere e sviluppare la propria fantasia: un rischio che si corre solo quando queste componenti dello spirito umano vengono unicamente messe al servizio della produzione e non valorizzate per il benessere immediato che producono, per la loro funzione eminentemente ludica che posseggono. 


ROMOLO GIOVANNI CAPUANO (sociologo, criminologo, traduttore)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?

La fantasia, per me, è la facoltà di rinvenire connessioni eretiche tra oggetti, reali o della mente, che il senso comune tende a ritenere non associabili. 
L’immaginazione è la capacità di rappresentare tali connessioni eretiche, mentre la creatività è la tecnica della connessione.


CINZIA CRISCI (Libreria Indipendente Che Storia, Caserta)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?
Rispondo a queste domande facendo tesoro dell’esperienza acquisita in questi cinque anni nei libri della Libreria Che Storia letti e vissuti insieme ai bambini. Che cos’è la fantasia? Fantasia e bambino sono un binomio imprescindibile semplicemente perché è difficile immaginare il percorso di vita di un bambino senza fantasia. Essa costituisce la facoltà più libera della mente rispetto alle altre perché prescinde dalla realizzazione e dalla funzione. Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività? Queste facoltà non sono comparabili perché appartengono ai diversi piani dello stesso percorso comunicativo. La creatività rappresenta l’uso finalizzato della fantasia e ancora una volta il mondo del bambino ne è pieno perché privo di ogni vincolo scientifico e realistico. L’immaginazione è lo strumento attraverso il quale si rende visibile quello che la fantasia e la creatività pensano. 


ENNIO PERES (giocologo, matematico, enigmista)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?
Per me la fantasia, come la creatività, è una forma di immaginazione. Questa, infatti, è la facoltà di visualizzare i pensieri e di elaborare liberamente i dati dell’esperienza sensibile. In particolare, la fantasia consente di spaziare con la mente anche in campi non reali. La creatività, invece, permette soprattutto di trovare soluzioni ingegnose a problemi concreti. 


GIANLUCA CAPORASO (scrittore)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?

Fantasia
Il fantastico ha per sua naturale e sacrale essenza una dimensione duplice e paradossale. Per quanto mi riguarda gli insegnamenti e le suggestioni più forti sul fantastico le ho trovate in Agamben. Da una parte la FANtasia è in relazione con i FANtasmi, dall’altra con le InFANzie. Fantastica è la relazione dell’uomo con i fantasmi, il dialogo muto e silenzioso che non smette di vociare nei pressi della nostra luce quotidiana. Come se si trattasse di uno scivolamento, uno sgambetto e al tempo stesso un compimento. La fantasia è l’esilio dalla luce, un’esplorazione del buio, un pezzo preso a caso da sposare a un altro pezzo a caso, convocare dal buio qualcosa che non esisteva. Su una dimensione sonora e non visiva, la fantasia è infantile perché sottrae le cose al silenzio, le balbetta, le inizia a dire, contrapponendo la boccaperta del racconto e degli stupori alla boccachiusa del mistero.

Immaginazione
Immaginazione è un desiderio di dire con la luce, scrivere con la luce, provocare effetti luminosi. Se la fantasia viaggia nel buio per portare elementi alla luce, per spostare il buio più in là, l’immaginazione è un portare luce alla luce, è testimoniare che la luce è piena di buio e che si può dire in modo luminosamente diverso le cose che sono sotto gli occhi di tutti. La lettera rubata di Allan Poe è figlia di un potere immaginifico perché dice cose che non si vedono eppure sono su una scrivania. Il finale del film I soliti sospetti è un finale immaginifico, perché ricompone scene nuove dalle scene di sempre.

Creatività
La creatività è quanto è stato rapito al fantastico e all’immaginifico dalle dinamiche contemporanee per produrre utilità di carattere economico. Se il fantastico e l’immaginifico sono contro il potere per natura, la creatività è una sua alleata. Se il fantastico e l’immaginifico sono felici dissipatori di energie e linguaggi, la creatività è un controcanto capace di ricondurre le logiche all’essenziale, al giusto. Se il fantastico e l’immaginifico sono fatti di miraggi, la creatività prende di mira.


ANGELO PESCATORE (artista)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?

La fantasia e l’immaginazione sono, da sempre, primarie, fondamentali e vincenti prerogative mentali che hanno consentito all’uomo di organizzarsi, in ogni ambito, l’esistenza.

Per riuscire a valutare le potenzialità della fantasia e dell’immaginazione basti pensare a quanto l’umanità, nei secoli, ha realizzato producendo realtà oggettuali, strumentali e artistiche funzionali al soddisfacimento dei propri bisogni. La fantasia e l’immaginazione sono facoltà umane in continua simbiosi tra loro; l’una non può prescindere dall’altra; sono facoltà fondamentali di cui non se ne può fare a meno.

Fantasticare è l’attitudine che consente a ciascuno, in funzione della propria intelligenza e conoscenze, di configurare, progettare forme reali e/o irreali al fine di rendere in seguito concreta un’idea che si farà latrice di un messaggio, di un contenuto e di una funzione (estetica, comunicativa, educativa, narrativa, emotiva, ecc.).
Immaginare è invece la facoltà che ci consente di percepire come reale l’idea fantasticata; vale a dire quella cosa pensata, progettata ma non ancora realizzata e, quindi, inesistente; come se ci fosse pur non essendoci.
La creatività è la capacita che consente di rendere concreto il fantasticato e l’immaginato; che permette la tangibile realizzazione, diretta o indiretta, dell’idea, del progetto, grazie all’utilizzo di adeguati e specifici processi linguistico-costruttivi e alla manipolazione della materia.


FILIPPO FRANCO (funambolo)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?

Immaginazione: capacità di creare immagini e attribuirle o meno alla realtà percepita. 

Fantasia: realtà astratta creata per provare sensazioni di benessere. 

Creatività: capacità di interpretare in modo non convenzionale la realtà socialmente definita.


DANIELA ALLOCCA (scrittrice, curatrice, ricercatrice indipendente)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?

Immagino che la fantasia non sia una cosa, ma sia quella cosa con cui puoi immaginare che cos’è la fantasia.

Creare un immagine della fantasia è possibile grazie alla fantasia. Ed ecco così anche forse delineate le differenze tra immaginazione, creatività e fantasia. Potrei fantasiare una creatività dell’immaginazione?

E fantasiare una immaginazione della creatività? Oppure potrei immaginare una fantasia della creatività? E immaginare una creatività della fantasia?

Creare un’immagine di fantasia e creare una fantasia di un’immagine, anche per certo che potrei. Ma in tal caso l’accezione di fantasia cambierebbe. Allora so per certo che la fantasia è un nome che occupa un determinato posto in una composizione linguistica e se lo sposto o se lo affianco a sostantivi e verbi inappropriati non significa più fantasia. La fantasia di un’immagine, mi fa pensare al modello, al pattern che si sta utilizzando, quando si parla di stoffe ad esempio si dice a fantasia, per indicare un pattern non definito, ma anche per indicare che sulla stoffa si troveranno delle immagini o dei disegni. 

Un’immagine di fantasia è una immagine scollegata dalla realtà. Ma queste cose le spiega Massimo, meglio di me. So che la creativitàmi lascia immaginare un mondo in cui posso anche fantasiare una immaginazione della creatività. Anche se per ora non ce ne è ancora bisogno, che ancora non abbiamo scoperto tutto di fantasia e immaginazione e creatività, forse un giorno arriveremo anche a fantasiare ma prima possiamo continuare a giocare con queste tre capacità ancora da esplorare.


RAFFAELE ARAGONA (cofondatore dell’OPLEPO, enigmista, già professore di “Tecnica delle Costruzioni” nella Facoltà di Architettura dell’Università “Federico II” di Napoli.)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?

Le risposte sono in questo documento:


GERO MANNELLA (scrittore, informatico)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?

Così, a naso, penso che l’immaginazione sia un sogno con un grado di consapevolezza. Voglio dire il sogno è germinazione spontanea e non guidata, che s’approfitta del basso regime del motore razionale, così lasciando che il sensoriale sopito scompagini gli archivi mnemonici e inventi storie plausibili o meno. E noi l’accusiamo e basta, tant’è che può trasformarsi in incubo. L’immaginazione è una dinamica simile, ma col motore razionale a regime normale o addirittura truccato (per chi usa allucinogeni), e in quanto tale adombra un elemento progettuale ed evolutivo, laddove nel sogno regna l’incongruo. In ogni caso la cifra dell’immaginazione credo sia il movimento e la proiezione. 
La fantasia credo abbia a che fare con la pertinenza e l’escavazione, la folgorazione alogica più che il progetto, la ricerca a tentoni di una potenzialità e di una differenza dal predefinito, ha più a che fare con l’arte statica (o stitica) che con l’estatica, con diversi gradi di sfumature. Voglio dire che un quadro tout court è nel recinto del fantastico ed un’installazione dell’immaginazione, ma se quel quadro è di Francis Bacon o di un futurista lo si può considerare nel recinto di quest’ultima. Potremmo per semplificare assimilare la fantasia all’estetica 2D e l’immaginazione a quella 3D, ma non sono compartimenti così definiti, c’è sempre rischio di tracimazione. Per trasporre sullo scultoreo mi figuro la fantasia come un bassorilievo e l’immaginazione come un altorilievo, però magari il primo è più definito. O nell’arte digitale l’immaginazione la proiezione su più livelli per rendere l’idea del rilievo e la fantasia lo spaccare il pixel e farne frattali. 
La creatività a mio avviso non è un processo bensì un’attitudine umana che impiega, oltre che il raziocinio, la fantasia e l’immaginazione per trovare per lo più soluzioni a problemi reali o fittizi.


CARLO SPERDUTI (scrittore, libraio, editore déclic)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?

Quando si tratta di definizioni, io che non so darne neanche di cose o concetti generalmente ritenuti ovvi, vado a leggere sul dizionario. C’è da dire che i dizionari, spesso, non vanno d’accordo tra loro, ma un confronto puntuale tra varie – molte – definizioni non è lo scopo di questa cosa che sto scrivendo. Diciamo pure che io, in mancanza di definizione mie, mi fido di quelle o mi accontento di quelle del dizionario che ho ora qui con me, un voluminoso Treccani del 2005 con la copertina rossa e la custodia rigida bianca – tutto bianco, lo si vede dall’esterno, quando non lo si sfodera – che si chiama Moby Dick. Ve lo presento. Piacere.  

Moby Dick mi dice che (riporto solo la prima definizione di ogni termine):

       1.  La fantasia è la facoltà della mente umana di creare e crearsi immagini, di rappresentarsi cose e fatti corrispondenti o no alla realtà.

        2. L’immaginazione è la capacità di formare, elaborare, sviluppare il contenuto di un’esperienza sensoriale senza seguire regole o legami logici; può dare luogo a un’attività sognante, o essere il presupposto dell’invenzione artistica.

         3. La creatività è la virtù creativa, capacità di creare con l’intelletto, con la fantasia.

 
Ora, messe così una dietro l’altra, potrei farmi un’idea (e fingere che le definizioni di fantasia e creatività non mi sembrino più o meno la stessa cosa), ma se un altro dizionario mi dicesse che è la fantasia a essere la capacità di creare con l’intelletto, la creatività la capacità di sviluppare un’esperienza sensoriale senza seguire regole o legami logici, l’immaginazione la facoltà della mente umana di rappresentarsi cose e fatti corrispondenti o no alla realtà; se un altro dizionario che non sia Moby Dick mi dicesse questo, ecco, io potrei allo stesso modo esserne convinto, benché il caratterino di Moby Dick mi consigli di dar ragione a quel che dice Moby Dick. Se un terzo dizionario combinasse in maniera differente le tre definizioni, ecco che pure mi verrebbe il dubbio che, tutto sommato, a ben vedere, anche lui non ha tutti i torti. 

Insomma, quando si tratta di definizioni, io che non so darne neanche di cose o concetti generalmente ritenuti ovvi, pure affidandomi al dizionario rimango sempre col dubbio, e per quanto io ne possa combinare di tutti i colori, non combino mai nulla di definitivo. E per questo mi sento fortunato, e tratto Moby Dick col rispetto dovuto a chi, almeno, ci prova.


VANNA PIACENTE DENIES (danzatrice)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?

Anon, to sudden silence won,  

In fancy they pursue  

The dream-child moving through a land 

Of wonders wild and new,  

In friendly chat with bird or beast-  

And half belive it true  .

-Alice’s Adventures in Wonderland-

Fantasia è quando io e la mia nipotina saliamo sui gradini della cassettiera a scala, lei un gradino su io un gradino giù, ed allacciamo le cinture. Pronte su questo aereo a sorvolare sulla Torre Eiffel, di lì a poco a vedere dall’alto la Moschea Blu sorvolando su Istanbul, fino alle piramidi D’Egitto, poi l’Oceano… così immenso e la Statua della Libertà fino al Machu Picchu… la nostra fantasia diviene Infinitezza.

Vivere le illusioni, creare situazioni, luoghi, o azioni immaginate è un espediente, grazie alla fantasia ha luogo la sperimentazione ludica: il gioco. Questi, nell’ esperienza sopra riportata, è gioco simbolico che Jean Piaget definisce “assimilazione distorta ed anche pensiero egocentrico allo stato puro” e coglie la frattura che in esso si verifica fra gioco e realtà, sottolinea “la prossimità che esiste fra simbolo ludico e simbolo onirico”. Il gioco è ricerca di percezione e di senso, un esperimento di incontro e di concordia, equilibrio tra mondo interno e mondo esterno.

Ripercorrendo un viaggio nella storia del cinema delle origini, mi viene alla mente il cineasta francese, Georges Méliès che crea il cinema fantastico, mediante anche  l’utilizzo di molti trucchi che attinge dalla sua carriera di illusionista. La fantasia di Méliès, grazie ai suoi esperimenti e alle sue visioni, si traduce in immagini cinematografiche, con le dovute considerazioni  dei mezzi e delle tecniche di inizio ‘900, dà luogo a creazioni straordinarie; la fantasia è essenziale ed è frutto dell’ in-ludere ovvero porre nella realtà delle cose i segni e i simboli dell’umano. 

La citazione che apre la mia breve riflessione sulla fantasia è tratta da Alice nel paese delle meraviglie; qui la fantasia è luogo del presente, ricco di esperienza viva, è  lo spazio in cui sono concesse le espressioni dei sentimenti, e in cui poter vivere le emozioni nel momento. Immagino, oggi, una Alice, che, mettiamo caso, aspetta alla fermata della metropolitana, mi chiedo se mai riuscirà ad inseguire il Coniglio Bianco a imbattersi nella Lepre Marzolina, nel Cappellaio, nella Tartaruga d’Egitto e così via, in altri personaggi o situazioni rocambolesche. Chissà se questa Alice di oggi è figlia di una fantasia coatta o della fantasia che ancora può procurare e generare Infinitezza? Quale fantasia oggi? 

Una storia in mezzo ai sogni che i fanciulli intrecciano col mistico nastro della memoria“?  (Lewis Carrol)


L.U.T. Libreria Utopica Temporanea

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?

Il gioco è una cosa seria

“La fantasia al potere”, urlava qualcuno durante i cortei nei  troppo “lontani” anni ’70. Nessun potere, diciamo noi.

Che la fantasia e l’immaginazione ci conducano in sentieri inesplorati, lontani dalla “creatività contemporanea”, troppo vicina alla costruzione di prodotti falsamente desiderati. Fantasia, chi era costei? La possibilità per ognuno/a di noi di vivere altri mondi dietro i nostri occhi, che l’immaginazione possa aiutarci a trasferirli in azione!

E poi? E poi sta a noi portare i castelli dall’aria alla sabbia… e questo accade al di là dei concetti, accade nel nostro mondo, quello dell’utopia. 

La sovrabbondanza è la madre della mancanza di fantasia. G. Anders


MARIO MASCIA (artista)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?

“La “fantasia”…

si quella…questa…la “mia” di fantasia… è solo mia… è stata e rimane mia; 

io ne ho una… tu ne hai un’altra; altri forse, altre ancora; 

son convinto che la fantasia è in me in te…in voi, in loro… in ognuno di noi. 

C’è chi la vive…chi l’ascolta… chi con essa dialoga, confronta, misura, e rapporta…

ma come; potrebbe anche essere, quella cosa che certe persone… non riescono neanche a immaginare.  A mio parere la fantasia è un gesto…un tocco, un rimando, uno sguardo… ora concreto e subito immediatamente dopo, irreale; la fantasia ha un tempo pieno…ma anche inconcluso…. è vento immediato…uno scoppio di luce; la fantasia mi rende libero… quindi è libertà e spazio finito, di un contesto indefinito; la fantasia rimane un gesto personale…una sensazione da coltivare individualmente…  e poi rigorosamente condividere…

La fantasia…quella mia; non è mai sola…sì è grandiosamente unita,… 

è decisa, piena…vera…la fantasia quella mia, non mi ha mai tradito…

non mi ha mai lasciato…la fantasia…quella mia, sorride e mi sorride sempre; 

essa è perennemente felice…

al cospetto di altre saprei riconoscerla…

rimane solo e per sempre mia…

quella mia; di fantasia… da’ vita…essa stessa…è vita.”

La “mia” fantasia …

A mio parere…non conosce e non deve conoscere differenze…

lei è sommatoria… è integrale di competenze… i suoi termini sono solo addendi…ripudiando, in modo tacito e deciso tutti i minuendi sociali e sottraendi comportamentali…è un valore assoluto; un’operazione sempre positiva…  in lei, albergano l’immaginario e quello spazio del creativo; forse processi uniti non so se rigorosamente conseguenziali… ma per certo, ne son convinto, sicuramente, evidentemente, limitrofi. 

Non li ho mai pensati dissociati…ma appartenenti ad una radicata storia ed ad un meraviglioso peregrinare; dove di comune accordo…il motore del cuore, e il traino dell’intelletto ora guidano, ora orientano… l’ignaro impavido viaggiatore…

Non c’è titolo di viaggio in tutto questo…l’unico prezzo…. è saper chiudere gli occhi…


DANIELA MORELLI (studiosa)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?

Definire fantasia, immaginazione e creatività e quali differenze le distinguano lascia un po’ interdetti. Pertanto, almeno in parte, mi avvarrò dell’insegnamento per cui il darsi una (non) regola aiuti a superare l’imbarazzo del foglio bianco. La mia (non) regola sarà l’istintività e il rispetto del senso letterale dei tre termini.

L’immaginazione certamente è legata all’immagine. La creatività, per me che sono un’artigiana, invece, sembrerebbe avere più a che vedere col fare.

La fantasia è un’esperienza, sempre. E il fatto stesso di doverne dare una definizione sembra quasi toglierle qualcosa piuttosto che aggiungere. Parafrasando il titolo di questa mostra potrei dire che solo la fantasia ci sopravvivrà. La fantasia è un viaggio che ha già salvato migliaia di volte il genere umano.


FRANCESCO SELVI (regista)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?

In una stanza buia, a prova di bastoncello e di visione scotopica, tre individui sono intrappolati e prossimi alla carenza d’ossigeno che li farà passare, a breve, dal rosa all’azzurrino al bluette al blu asfittico finale.
Lo so, i tre individui… ci sono tre in una stanza, un cinese, un irlan…no, non è una barzelletta, calma!
Il primo, da sempre contraddistinto da una mente vivace, ama farsi definire un ‘creativo’, tanto da farne un lavoro! In questa epoca niente è più di grido che essere ‘creativi’, lui modestamente lo è! Suda, suda sette camicie poiché inizia già a sentire il lento diradare dell’ossigeno nell’aria, ma intanto pensa, e sa che sempre nella vita la creatività gli ha permesso di districarsi nei percorsi più intricati, gli ha permesso di creare una soluzione ad un problema che pareva non averne…a volte tale soluzione era riuscita anche bella, diciamo dotata di spiccato senso estetico! Il creativo sta sudando, ma sa che una soluzione si sta pian piano formando fra le pieghe cerebrali.
Il secondo ha sentito dirsi, da sempre, di avere la testa fra le nuvole. E dire che a lui le nuvole piacciono, sì, ma sono troppo in alto, lui che ha le vertigini già al secondo piolo della scala.
La mamma lo lasciava gongolare con le dita al naso, in una sorta di trance, e a chi diceva che il ragazzino non pareva nemmeno normale lei rispondeva fiera ‘mio figlio è solo pieno di immaginazione!’. E non aveva torto, primo perché la mamma è pur sempre la mamma e nessuno potrebbe nemmeno immaginarla (appunto!) nel torto, secondo perché davvero il figlioletto era pieno di immaginazione, e lo è ancora…e già sta immaginando uno scenario futuro, ovvero cosa potrebbe esserci al di là dei 4 muri che stanno rendendo difficile la vita ai tre. Tante volte ciò che ha immaginato, nel corso della vita, è stato raggiunto… poiché se puoi immaginarlo, puoi farlo! Che motto, che motto!
Il terzo… beh, il terzo è un enigma. Pare non essersi nemmeno accorto del problema. La testa è lontana mille miglia da quella stanza, dagli altri due… è in altri lidi, non pensa a come uscire dall’impiccio e nemmeno, a dir la verità, all’impiccio.
Semplicemente è ALTROVE!
Spreme le meningi per nulla, il suo gesto intellettuale è completamente privo di logica e senza conseguenze sul reale. Egli sta fantasticando!

Probabilmente, se una mano potesse aprire la stanza buttandone giù le pareti, il nostro terzo uomo sarebbe l’unico contraddistinto da un sorriso.


ALESSIO GALBIATI (critico cinematografico)

Che cos’è la fantasia? Quali le eventuali differenze con l’immaginazione e la creatività?

Penso che ‘fantasia’ e ‘immaginazione’ siano due concetti coincidenti e sovrapponili, due sinonimi della medesima facoltà della mente umana. Di quella animale e vegetale non saprei… Vedere qualcosa che non c’è: credo sia questa l’essenza di tale facoltà. La creatività è invece una derivazione del “vedere qualcosa che non c’è” che prende forma nel mondo reale, concreto e materico dell’esistente. Un bambino possiede fantasia e immaginazione ed è creativo solo agli occhi di un adulto.

Se dovessi definire la ‘fantasia’ con ‘creatività’ direi: “Asta naïf”, che è il suo anagramma. Se dovessi definire la ‘fantasia’ con ‘immaginazione’ direi: “swiüfffåssğcc”.

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