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Tenere in vita
di Massimo Gerardo Carrese
pubblicato nella newsletter 20 aprile 2024 di FrizziFrizzi, magazine online di cultura visiva – dal 2006
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La φαντασία ha una storia lunga e intricata alle spalle e coinvolge autrici e autori di ogni tempo e luogo che hanno provato, e provano, a capire che cosa siano e come funzionino la fantasia, l’immaginazione e la creatività e quali altri aspetti storico-scientifici e ludico-artistici possono raccontarci e rivelarci.
Il diverso, lo strano, il deragliamento dall’ordinario, la ricerca (del nuovo) sono piccole ma articolate presenze che resistono nel panorama culturale nazionale e internazionale che, invece, predilige in grande stile il conformismo e la frase fatta. Da adolescenti e da adulti viviamo sempre meno la ricerca di possibilità (fantasia attiva) e accogliamo, talvolta con un atteggiamento disarmante, senza farci troppe domande, condizioni suggerite/imposte dalla società (fantasia passiva). Altresì non siamo stimolati in famiglia, a scuola, al lavoro, a cercare altri punti di vista e modi di fare.
I social sono spazi virtuali, con ricadute reali, da cui emerge con difficoltà la voce dissomigliante tra le tante e se è vero che trascorriamo molto tempo sui social allora da essi impariamo similarità e non differenze. Oltretutto, per i motori di ricerca progettiamo algoritmi che portano in evidenza il successo di pubblico, dunque il già noto, il virale, e non anche lo studio sperimentale e di indagine. Le nostre ricerche generano risultati dalle nostre precedenti scelte e raramente mostrano il diverso: in Internet la serendipità (quasi) non esiste. Sarà sempre l’informazione dominante ad avere la meglio, anche nelle nostre ricerche di nicchia: l’algoritmo lascia emergere il risultato più virale nella relatività dell’ambito di ricerca.
Prima da adolescenti e poi da adulti, la fantasia si trasforma in nostalgia di quella che era una lieta età infantile di quando cioè il mondo era sconosciuto e perciò ancora da svelare con gioia, curiosità e sorpresa. Così restituita, la fantasia non è potenzialità e futuro ma rimpianto e passato. Da adolescenti e da adulti crediamo di sapere già tutto e tutto ci sembra scontato, già creato, privo di meraviglia. Almeno è questo che la società più debole, la scuola più inefficiente e la famiglia più disattenta ci propone e ci porta a credere, e frequentemente ci riesce anche con discreto successo, spegnendo nell’individuo quella fiammella della conoscenza e consapevolezza del sé. La scoperta è, invece, prerogativa di tutti; l’invenzione è ancora realizzabile; il pensiero libero e critico è da esercitare sempre; la fantasia è conoscenza, l’immaginazione è anche terapeutica; la creatività è sacrificio. Questi sono i primi insegnamenti da mettere in campo in una scuola che dovrebbe organizzare la conoscenza come percorso di meraviglia, in una famiglia che dovrebbe ascoltare, accogliere e curare le voci di tutti, in una società che dovrebbe creare e offrire le condizioni per ricercare e realizzare possibilità, indiscriminatamente. Quasi tutti gli adulti, invece, ricordano che la fantasia è solo attività infantile, d’evasione, astrazione, che è ricreazione da confinare tra i compiti più scanzonati, e proprio per questo gioiosi, dell’essere umano.
Come siamo arrivati a pensare a questo? Con fatti, privi di fondamento. I più grandi dicono che sono i bambini ad avere più fantasia di loro e allora iniziano a crederci tutti, bambini compresi. Una volta adulti, gli stessi dimenticheranno quel loro passato e si diranno essere razionali, pragmatici, senza sapere che queste sono anche le caratteristiche della fantasia. Chi ha messo in testa agli adulti l’idea che la fantasia sia solo ricreazione, evasione dalla realtà e non anche strumento di conoscenza?
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1. Estratto dall’omonimo capito del saggio Il grande libro della fantasia, di Massimo Gerardo Carrese, Il Saggiatore, 2023.
Carrese (1978) è un fantasiologo (studioso di “fantasiologia”): analizza gli aspetti scientifici, umanistici, ludici e artistici della fantasia, dell’immaginazione e della creatività.
È ideatore e curatore del Festival Fantasiologico.
Il grande libro della fantasia — come spiega la casa editrice — è un «esercizio finora irrealizzato: fare dei processi creativi una storia da raccontare e una scienza da applicare. Dai Dialoghi di Platone alle opere di Bruno Munari, fino alle sfide dell’intelligenza artificiale, una materia incontenibile come la fantasia si dispiega cominciando con lo studio dei primi sguardi sul mondo e terminando con le tecnologie che annullano i confini tra realtà e finzione».
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Keeping alive
published in the 20 April 2024 newsletter of FrizziFrizzi, online Italian magazine of visual culture – since 2006
The faculty of φαντασία has a long and complicated history, involving authors from all times and places who have tried and are trying to understand what imagination, imagery and creativity are and how they work, and what other historical-scientific and playful-artistic aspects they can tell us and reveal to us.
The other, the strange, the deviation from the ordinary, the search (for the new) are small but articulate presences that persist in a national and international cultural landscape that favours conformity and buzzwords. As adolescents and adults, we experience less and less the search for possibilities (active imagination) and we accept, sometimes with a disarming attitude, without asking too many questions, the conditions suggested/imposed by society (passive imagination). Neither in the family, at school or at work are we stimulated to look for other points of view and ways of doing things.
Socials are virtual spaces, with real repercussions, from which it is difficult for the dissimilar voice among many to emerge, and if it is true that we spend a lot of time on social networks, then we learn from them similarities, not differences. Moreover, we design algorithms for search engines that bring out the popular, the already known, the viral, rather than the experimental and investigative. Our searches generate results from our previous choices and rarely show the different: serendipity (almost) does not exist on the Internet. It will always be the dominant information that prevails, even in our niche searches: the algorithm makes the most viral result emerge in the relativity of the search field.
First in adolescence, then in adulthood, imagination turns into nostalgia for a happy childhood, when the world was unknown and therefore still to be discovered with joy, curiosity and surprise. Thus restored, imagination is not potential and future, but regret and past. As adolescents and adults, we believe we already know everything, and everything seems self-evident, already created, without wonder. At least this is what the weakest society, the most inefficient school and the most inattentive family suggest and make us believe, often succeeding in extinguishing the flame of knowledge and self-awareness in the individual. Instead, discovery is everyone’s prerogative; invention is still possible; free and critical thinking must always be exercised; imagination is knowledge, imagination is also therapeutic; creativity is sacrifice. These are the first lessons to be put into practice in a school that should organise knowledge as a path of wonder, in a family that should listen to, welcome and care for the voices of all, in a society that should create and offer the conditions to seek and realise possibilities without discrimination. Almost all adults, however, remember that imagination is only a childish activity, an activity of mental evasion, of abstraction, that it is a pastime that should be confined to the more light-hearted and, for that very reason, joyful tasks of human beings.
How did we get there? With unsubstantiated facts. Older people say that children have more imagination than they do, and then everyone starts to believe it, including children. Once adults, they will forget that past and say of themselves that they are rational, pragmatic types, not knowing that these are also the characteristics of imagination. Who put the idea into adults’ heads that imagination is only recreation, an escape from reality, and not also a tool of knowledge?